Dott.ssa Priscilla Berardi medico, psicoterapeuta, sessuologa  Cell.+39 349 5455417

La 'casa' che non trovo

Domanda di Calzinazz del 02/11/2012
Cara Priscilla, e così finalmente mi sono deciso a scriverti. Sono un uomo, diciamo quasi quarantenne. Faccio un lavoro che reputo molto impegnativo, che mi piace molto ma che di per sé è anche piuttosto avaro di soddisfazioni. Forse per questo lavoro, o forse per comodità, vivo da solo. Le ultime due o tre relazioni che ho avuto sono state piuttosto complicate, diciamo nevrotiche via. Mi sono chiesto se me le cerco io così, loro trovano me, oppure è proprio il rapporto che si sviluppa ineluttabilmente nell'incomunicabilità, però di quella ostile, in cui ci si parla e non ci si capisce.

Ora ho un rapporto diciamo a bassa intensità – a distanza, grado d'impegno basso; interesse mio, corrispondentemente, basso. E non mi va bene lo stesso, vorrei qualcosa di più coinvolgente. Ci sto girando intorno forse, perché il problema è: secondo te lo si cerca, lo si deve cercare, o semplicemente arriva, capita? Ci sono delle ragioni psicologiche per questo secondo te (qualunque sia la risposta)? No perché io sono combattuto, non so se devo sembrare quello che non sono, che so, darmi al surf, una bella macchina e il maraglio nei locali? oppure (come penso) è una stronzata? «Mio nono fava i matoni… "

 

Caro Calzinazz,

non ho molti elementi per rispondere in modo definitivo ai suoi quesiti, che lei ha posto in modo frizzante e leggero ma coinvolgono tutto il suo bagaglio relazionale e la sua storia. Le farò allora domande che spero la aiutino ad ampliare il panorama di ipotesi a sua disposizione… o a restringerlo.

In che modo sceglie i/le suoi/sue partner, in base a cosa? Che cosa privilegia nella conoscenza dell’Altro? Le sue relazioni per nascere passano prima attraverso il sesso o da un rapporto intellettuale ed emotivo?

Ha mai avuto una storia lunga e soddisfacente? Come si è conclusa? Quali ferite e quali ricchezze le hanno lasciato le sue storie passate?

Quale sente che sia il suo contributo nella costruzione delle sue storie? E nell’incomunicabilità? E non ci si capisce perché non si parla lo stesso linguaggio o perché non ci si ascolta a vicenda?

Quali modelli di coppia ha avuto accanto e di fronte a sé?

Chi riceverebbe un "vantaggio" dal fatto che lei instauri una relazione stabile e chi al contrario potrebbe sentirsi "danneggiato"? Da chi ritiene che debba essere approvata una sua coppia? Qual è stato o è il grado di consenso intorno alle sue relazioni?

In che modo pensa che il suo lavoro complichi le relazioni? Quali limiti le pone l'essere in coppia? E in che senso parla di "sembrare quello che non è"? Così com'è non pensa vada bene? Otterrebbe di meglio se fosse diverso?

Che cosa la spaventa di più al momento nella sua vita?

Una relazione di Amore richiede di lasciarsi andare, di condividere, di aprirsi, di smettere di difendersi, di accettare l'Altro, di giungere anche a qualche patteggiamento, di non vivere l'Altro come specchio per ritrovare la propria individualità ma come incontro di individualità diverse.
Credo che alla fine la poesia di Calzinazz di Amarcord sia davvero appropriata al suo racconto: "Mio nono fava i matoni, mio babo fava i matoni, 'a faz i matoni anca me, ma la casa mia n'dov'è?"... Ho gli strumenti, perché allora non trovo una mia casa?
Se lo desidera scriva nuovamente.